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La proposta di un gruppo di ragazzi di Torino per un nuovo patto sulla scuola
di Domenico Chiesa | |
Insegnante | |
Un gruppo di ragazzi, un insegnante e un educatore hanno trascorso insieme, per quattro anni, un pomeriggio alla settimana con lo scopo di ragionare sulla loro esperienza scolastica. “Allora che ci faccio nel mare?” è il titolo del libretto, appena pubblicato, che raccoglie le loro riflessioni e le loro proposte. Ora stanno costruendo una rete di scuole a livello nazionale per fare in modo che i problemi sollevati possano essere discussi e trovare spazi di condivisione. Allego la premessa al libro. Siamo un gruppo di ragazze e ragazzi tra i 15 e i 19 anni; nel gruppo si sono infiltrati anche alcuni adulti che però non danno particolare fastidio. Ci incontriamo, tutte le settimane, dalla primavera del 2008 presso l’ASAI, nel quartiere S. Salvario di Torino. L’ASAI è un’associazione di volontariato che, in diverse zone della città, si occupa di aggregazione, convivenza, integrazione. Rivolge i suoi intervento soprattutto ai giovani. Abbiamo cominciato a discutere sulla nostra esperienza scolastica, facendo riferimento alla “lettera ad una professoressa” scritta dai ragazzi di Barbiana negli anni sessanta. Ci pare che le critiche alla scuola contenute nella lettera siano ancora attuali, soprattutto se rivolte ai primi due anni della scuola superiore. Lo Stato si era impegnato, con una legge del 2006, ad innalzare l’istruzione fino ai sedici anni; ora sta facendo retromarcia e comunque tutti se ne stanno dimenticando. Più nessuno sembra interessato a parlarne. Allora abbiamo deciso di prendere noi l’iniziativa, di fare, con grinta, la nostra parte: non dobbiamo perdere questa occasione. Ci siamo messi in contatto con altri studenti per invitarli a discuterne. Sono arrivate risposte da Torino, Montesilvano, Acri, Novara, Savigliano, Lanzo… Con i ragazzi di Acri abbiamo trascorso una giornata nella loro scuola. Settimana dopo settimana siamo riusciti a scrivere questa lettera rivolta ai nostri insegnanti con la speranza che venga letta non solo da loro ma anche dai nostri genitori, dai politici, dai giornalisti per spingerli a prendere sul serio l’innalzamento dell’istruzione fino a sedici anni, per scrollarli dalla loro pigrizia: bisogna rendere la scuola capace di intercettare tutti e ciascuno. Deve farlo non abbassando il livello delle cose da imparare ma facendo capire che sono importanti e che per esse merita lo sforzo dello studio, proprio come faceva don Lorenzo Milani. (…) È arrivata in S. Salvario una giornalista di Rai Educational e per tre giorni ha condiviso e ripreso il lavoro. Ne sono scaturite due trasmissioni andate in onda nel mese di agosto 2008. Sono ancora visibili sul sito internet di Fuoriclasse. Si è parlato della lettera un sabato mattina nella trasmissione condotta da Luciana Littizzetto a Radio Deejay. Ora vorremmo che questa discussione continuasse. Immaginate: migliaia di studenti che, in tutta Italia, da Torino a Gela, riflettano, discutono e, rivolgendosi agli insegnanti, chiedono che stare a scuola, imparando veramente, possa diventare una realtà per tutti e per ciascuno. Sarebbe una vera rivoluzione. Ecco cosa vogliamo: chiedere che tutti, giovani e adulti, prendano sul serio lo studio. Noi abbiamo cominciato a ragionare; non siamo sempre d’accordo, ma condividiamo sostanzialmente questa idea di fondo: andare a scuola deve essere percepito e vissuto come una cosa importante e soddisfacente per la nostra vita non come una imposizione da cui scappare. Stare a scuola anche nei primi anni dell’adolescenza non dovrebbe essere un lusso per qualcuno, ma diventare realmente un’esperienza positiva e significativa per tutte le ragazze e per tutti i ragazzi. Perché questo avvenga la scuola non può rimanere come è ora. Cambiamola insieme. Maggiori informazioni sul sito www.asai.it Cerchiamo di costruire per gli adolescenti spazi effettivi di responsabilità e di esperienza. | |
27-03-2012 |